Ritratto di Dino Barbieri,
Jole Barbieri, 1964
Colpiscono Dino gli aspetti più semplici e minuti di questo paesaggio, il greto semiasciutto di un torrente, un boschetto, il tappeto erboso appena carezzato dalla brezza, una strada di campagna solitaria e apparentemente senza fine.

Di questa campagna ama però anche la sua gente,intenta ai lavori nei campi o che si attarda semplicemente nelle aie per chiacchierare o attendere a lavori minuti. Raramente si sposterà da questi luoghi, anche se da una sua trasferta umbro-laziale scaturiranno begli scorci di paese.

I dipinti che predilige sono tavolette, spesso anche di piccolissime dimensioni, materiche, dove il colore meglio usato della tavolozza è il verde delle sue colline, fedele, palpabile, come la poesia che ne scaturisce.

Lo scoppio della seconda guerra mondiale non lo fa desistere dalla sua opera artistica, e vengono ripresi luoghi e angoli vicini all'abitazione dove è sfollato. Lo stato gli requisirà una parte della sua amata proprietà di campagna, quella i cui dintorni lo avevano così spesso ispirato, per impiantarvi una polveriera. Amareggiato, Dino venderà la parte rimanente, ritirandosi in città, orizzonte un giardino minuscolo ma ravvivato da fiori e piante verdissime, che può godersi e dipingere da un'ampia vetrata.
Morirà nel 1947.